Ricotta di Capra di Vulcano

“Vulcano, Scalo di Vulcano”: l’annuncio  di una voce con cadenza siciliana, arriva poco dopo l’odore di zolfo che permea l’aria, anche all’interno dell’aliscafo che sta per raggiungere il molo dell’isola di Vulcano.

Un nutrito gruppo di persone di mezza età, si alza in piedi e si prepara allo sbarco.

Lingue di differenti nazionalità si mescolano, ciò che li accomuna sono l’abbigliamento, l’abbronzatura e le racchette di alluminio, fedeli compagne per la salita al Vulcano.

Ogni giorno da inizio primavera, decine di escursionisti raggiungono quest’isola dell’arcipelago eoliano per cimentarsi in una dei trekking più suggestivi e meno faticosi delle Isole Eolie.

L’isola è la prima che si incontra, arrivando da Milazzo: principale porto che collega la Sicilia alle Isole Eolie.

Vulcano è famosa per il trekking al cratere e per i fanghi che richiamano migliaia di persone provenienti da tutto il mondo.

Pochi sanno che sull’isola , dal 2008 ha aperto l’unico caseificio dell’arcipelago eoliano.

E’ l’unico a portare avanti una tradizione vecchia di secoli , un’attività che oramai sembrava scomparsa, sostituita dalla fonte principale di reddito: il turismo.

Fabrizio Lo Piccolo è il casaro di Vulcano: 270 capre e un piccolo caseificio a poco più di un kilometro dal porto: è il solo a realizzare in tutto l’arcipelago, la Ricotta di Capra oltre che formaggi primo sale e stagionati.

I pascoli ai piedi del Vulcano conferiscono al latte un gusto unico: il terreno vulcanico è alla base del successo che affonda le radici nel passato.

“Esisteva una razza locale, la Vulcanara” spiega con un sorriso radioso Fabrizio, “ma è stato necessario incrociarla con la razza maltese, per ottenere una varietà più lattifera”.

Ogni capo produce in media 1 litro di latte al giorno, per 6 mesi, da marzo a agosto.

La resa è comunque bassa, rispetto alle pecore che si trovano in Sicilia, visto che con 10 litri di latte di pecora si ottiene non più di 1 kg di formaggio.

Le capre vengono munte tutti i giorni a mano, per via di una caratteristica di questi esemplari: I capezzoli sono diversi e questo non permette di utilizzare le mungitrici meccaniche.

Usando un gioco di parole, l’isolamento isolano ha permesso a queste capre di non essere soggette a malattie comuni in Sicilia e sul continente; la brucellosi in primis.

All’interno del caseificio, mentre il Sig Lo Piccolo  ci spiega il procedimento per ottenere I vari prodotti, controlla la pastorizzazione del  latte all’interno di cilindri d’acciaio.

Il latte di capra viene filtrato in un pastorizzatore e alla temperature di 30 gradi si aggiunge il caglio: una volta che si coalizza, si “rompe la cagliata” e così avviene la raccolta del formaggio.

Successivamente, per ottenere la ricotta, si aggiunge del latte a 65 gradi e quando raggiunge la temperature di 80 gradi, la ricotta sale e è pronta per essere raccolta.

Fabrizio ci racconta, mentre si destreggia abilmente, che ha trovato enorme difficoltà nel trovare qualcuno che gli desse una mano nella sua attività.

Pur essendo un’isola con tanta disoccupazione, non è riuscito a trovare nessun italiano che lo aiuti; “il lavoro è molto duro, quando dico che si inizia alle 3 di mattina nel caseificio e successivamente bisogna portare a pascolare le capre, scappano tutti, preferendo cercare qualcosa di stagionale nell’ambito turistico”.

Alla domanda “quando riesce a andare in vacanza?”, si ferma, mi guarda, e sempre col sorriso, ricorda l’ultima volta che ha avuto un pò di tempo libero: il suo viaggio di nozze 20 anni fa.

Stefano Butturini & Alessandra Andreolli


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Stefano Butturini

Sono nato a Brescia nel 1971, ma ho vissuto principalmente su Isole: Mediterraneo, Oceano Indiano, Indie Occidentali, sono stati i luoghi in cui ho cominciato a fotografare con più costanza. Le Isole mi fanno venire il mal di terraferma che sto cercando di vincere da inizio 2016, cioè da quando mi sono trasferito in Puglia. Appena posso, ritorno alle Eolie...
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